È stato il secondo ospite di grido, considerando l’incipit del 2 Agosto di Nanni Moretti, che ha accompagnato la prima serata di MoliseCinema2015: Edoardo Leo. L’attore, regista e sceneggiatore romano, classe 72, si è presentato in una doppia veste; da un lato ha presentato il suo ultimo film, Noi e la Giulia, commedia agrodolce che ha avuto un ottimo riscontro nell’ultima stagione cinematografica, e dall’altro ha deliziato la platea all’aperto dell’Arena di Casacalenda con un reading – spettacolo insieme alla sua spalla Jonis Bascir. Quest’ultimo lo ha accompagnato con la chitarra nell’interpretazione di alcuni testi teatrali, monologhi, aneddoti pescati tra celebri autori quali Benni, Campanile, Calvino, Marquez, in un percorso alternante ironia e focus sulla nostra esistenza, l’ambiguo e il cosciente, il prodigio della comicità e la tragedia dell’ineluttabile, l’ondata irriverente e lo slancio poetico. Un giovane artista che ha emozionato e fatto riflettere attraverso la sua cifra stilistica peculiare, di fatto quella romanità verace, sempre controllata e mediata, che diventa slancio diretto, superando l’ideale e creando immediatamente percorsi visuali che colpiscono lo spettatore. Lo abbiamo incontrato per parlare della sua idea di cinema, dei suoi modelli d’ispirazione, del suo rapporto con lo scrivere commedie e sull’impegno che tutto ciò richiede.
Torni in Molise dopo tanti anni: quali sono le tue impressioni e le emozioni nel ritrovare MoliseCinema?
Già l’idea che un Festival possa continuare nel tempo è qualcosa di emozionante. Molto spesso sono invitato a rassegne in cui il leitmotiv è speriamo che ci ritroviamo anche l’anno prossimo, speriamo di poter avere i fondi necessari. Qui invece, nonostante stiamo parlando di un paese molto piccolo, il Festival cresce sempre di più. Già il fatto che a inaugurare il tutto sia stata una figura importante come Nanni Moretti è indicativo del peso specifico che MoliseCinema si è costruito nel corso degli anni.
Come ti senti pensando alle dichiarazioni di Carlo Verdone che ti ha citato come un talento della nuova commedia all’italiana?
Sono sincero ma queste sue dichiarazioni me le hanno fatte notare pochi giorni fa alcuni amici e stento a crederci. È una roba che mi sorprende e mi emoziona tantissimo. Io sono debitore a Verdone, e non è soltanto un discorso inerente alla passione e al fatto che io sia un fan dei suoi film. Lui rappresenta come attore, regista e sceneggiatore una figura determinante soprattutto come fonte di studio e come viaggio nella memoria visto che il primo film che ho visto a cinema è stato Un sacco bello. Sento un forte senso di gratitudine verso di lui, che ha avuto sempre un occhio attento verso le nuove generazioni e lo considero un vero monumento nazionale. Non a caso spesso lo cito nei miei film.
Qual è secondo te la cinematografia europea che, con il genere commedia, descrive meglio il nostro quotidiano?
Raccontare le nostre vite è diventato estremamente difficile e ogni cinematografia ha le sue peculiarità e tipologie d’espressione. Se restiamo sulla commedia credo che, ad oggi, i francesi riescano a raccontarci meglio anche grazie ad un sistema produttivo e di regolamentazione che investe e che crede fermamente nelle potenzialità del cinema.
Chi scegli tra Sordi e Verdone?
Non posso scegliere. Siamo su un percorso di continuità e lo stesso Sordi designò Verdone come suo erede. Il primo è un colosso vero del nostro cinema e il secondo sta su quei livelli, mi risulta difficile fare una vera e propria scelta.
Se dovessi fare un paragone tra i due nell’epoca della maturità, di fatto quella che ha Verdone oggi?
Tendenzialmente gli attori che si avviano a concludere una splendida carriera diventano più indulgenti con loro stessi, sentono più la fatica e si adattano a recitare anche in ruoli molto differenti dal passato, penso a De Niro che sta recitando esclusivamente in commedie o lo stesso Pacino. Alberto Sordi è stato si un po’ macchiettistico nei suoi ultimi film e forse anche Verdone sta cedendo ad un cinema più cadenzato ma parliamo di mostri sacri e tendo a giustificarli lasciandoli sullo stesso piano. Posso dirti però che Sordi l’ho sempre amato come spettatore mentre Verdone è una continua testualità da studiare.
Nei tuoi film le figure femminili hanno un ruolo chiave e fanno sempre da detonatore positivo …
Mi hanno sempre rimproverato di non affidare ruoli da protagonista a donne e spesso sono stato tacciato di maschilismo quando invece considero la figura femminile fondamentale nello sviluppo dei miei intrecci. Anche a livello sociale penso onestamente che la donna debba avere ancora più potere e scenderei domani stesso in piazza per votare una legge che ne decreti la sua presenza in Parlamento al cinquanta per cento. Non è un caso che lavori con una produttrice donna che mi aiuta moltissimo anche in fase di sceneggiatura. Se non avessi avuto lei al mio fianco sarebbe stato molto difficile far girare Anna Foglietta al settimo mese di gravidanza in Noi e la Giulia, di fatto un film che è piaciuto molto alle donne italiane. Nel prossimo film sicuramente ci sarà una donna come protagonista principale.
Ami le serie televisive?
Non seguo da anni la televisione né le serie televisive, e su quest’ultime lo dico con enorme rammarico visto che il linguaggio che le caratterizza è innovativo e andrebbe studiato. Tra l’altro pochi giorni fa ho chiesto a mia madre se da piccolo guardavo alcune serie americane come Happy Days e la risposta è stata negativa. Non riuscivo mai a seguire una puntata e ora che sono grande non voglio assumere a riguardo una posizione ideologica, semplicemente quando ho un po’ di tempo libero preferisco scrivere.
Le ultime due domande: quali sono i tuoi progetti futuri e se la tua squadra, la Roma, vincerà finalmente lo scudetto quest’anno.
Il 19 novembre sono al cinema in una commedia con Marco Giallini dal titolo Loro chi? per la regia di Fabio Bonifacci e Francesco Miccichè. Poi inizieranno le riprese del nuovo film di Paolo Genovese in cui recito con un cast staordinario: Valerio Mastandrea, Kasia Smutniak Giuseppe Battiston, Anna Foglietta, Alba Rohrwacher. Inoltre sto scrivendo una nuova sceneggiatura con il mio caro amico e collega Marco Bonini. Riguardo alla Roma voglio essere sincero, la passione che avevo un tempo è stata offuscata da tutto ciò che ruota intorno al calcio. Ovviamente conservo una mia fede personale, unica per la mia squadra ma la tengo dentro di me, non la esterno più. (… e furbescamente chiude qui il discorso)