Se fossimo intenzionati a trovare la fonte d’ispirazione ecco che dovremmo interessarci più al racconto di Madame de Villeneuve piuttosto che al remake di Cocteau, anche se poi la profondità viene meno lasciando campo libero ad un’estetica che definisce il suo monopolio. Benvenuti nella giostra visuale del regista Christophe Gans: tanti palpiti visivi e poco cuore.
Siamo nella Francia d’inizio Ottocento e un ricco mercante, caduto in disgrazia, decide di trasferirsi in campagna, con i suoi sei figli, in attesa di tempi migliori. Imbattutosi nel regno oscuro della Bestia, l’anziano uomo viene condannato a morte da quest’ultima per aver rubato una rosa rossa, destinata all’ultimogenita Belle. La dolce e sognatrice ragazza non reggerà ai sensi di colpa decidendo di sacrificare la sua esistenza al posto del padre e andando, di fatto, a vivere nel mondo magico, sconosciuto e affascinante della Bestia.
L’ennesimo adattamento di un classico della letteratura occidentale questa volta è una montagna visiva di “dimensioni” e ambizioni enormi. Da qui, ciò di cui veniamo investiti nell’ordine è: speculazione estetica, commistione tra fantasy e kolossal, psicologia dei personaggi ridotta all’osso e inflessibile perfezione tecnica nel concedere un mondo formale dalla grande forza evocativa, simbolica. I due punti di riferimento sono sempre Belle e la Bestia, mentre lo spazio viene a raccordarsi tramite il bosco magico, vera caverna che delimita la realtà dalla fantasia. Il tempo diegetico oscilla tra presente, dove siamo testimoni delle conseguenze dei traumi, e il passato, dove scopriamo le cause che hanno determinato la condanna della Bestia. Il doppio binario temporale viene puntellato da una mistica di linguaggio in cui sono gli agenti atmosferici, di fatto la natura di questo mondo macchiato, a cangiare continuamente l’intreccio.
Ne viene fuori un’operazione cinematograficamente valida, da premiare, che tuttavia lascia l’amaro in bocca riguardo a un nostro ingresso nella sensibilità, modalità di pensiero di Belle e della Bestia. Teniamoci stretta in ogni caso una produzione di alto budget che stupisce lietamente l’occhio, come quando, ispirandosi a una pubblicità di successo della Levis di tanti anni fa, Gans fa affrontare a Belle il percorso dal bosco al castello in un crescendo di effetti speciali e pathos.