In uno dei più bei film della storia del cinema, Rocco e i suoi fratelli, nella sequenza finale si ritrovano a parlare Rocco, metafora dell’emigrante giunto a maturazione attraverso molte tragedie, e il piccolo Luca, forse l’unico dei cinque fratelli che da Milano potrà far ritorno, in futuro, nella terra natìa: la Lucania. Ed è proprio da un gioco di spazi, di vocabolari geografici e di radici popolari che parte il focus su una delle giornaliste più convergenti dell’ultimo periodo. Parliamo della brava, e lucana, Francesca Barra; giornalista, scrittrice e blogger, con la sua bravura, e anche bellezza (perché è giusto ricordare che la nostra è una donna bella, affascinante e sa giocare, dosare in video la sua “aura”), la Barra entra nelle case degli italiani mediante varie forme di informazione, intrattenimento. La vediamo sulla linea della cronaca, mediante Matrix, sul versante dell’oppio di tutti gli italiani, il calcio, attraverso il programma Tiki Taka, la vediamo condurre il concerto del primo maggio o intervistare il Premier Renzi non palesando mai imbarazzo viceversa riunendo i suoi versanti talentuosi per fare giornalismo.
Se vi trovaste, per fortuna o perché vi ha invitato, alla porta di casa sua a Milano e riusciste ad entrare, trovereste immediatamente delle gustose polpette pronte a farvi da maggiordomi di gusto, con le salse di accompagnamento che diventano metafora dell’enorme geografia caratterizzante la Barra. Una mamma bolognese, un padre calabrese, lei che vive tra Roma e Milano e si impone nel ginepraio del giornalismo nostrano a colpi di talento e improvvisa notorietà, dettata di fatto dalla gavetta della nostra, che anche con i suoi libri fa emergere i tanti gironi tematici ed espressivi che la caratterizzano. La Barra scrittrice passa dalla cronaca, con un occhio sulla Mafia e sui giorni dello stragismo, al rapporto esistenziale di una figlia con una madre, dalle ricette di cucina a una serie di racconti che partono dalla cronaca, quella vera e molto spesso tragica.
È una donna perfetta Francesca Barra? Sicuramente no, ovviamente avrà le sue nevrosi e le sue ansie, di certo è una donna che riesce a coniugare tante piccole personalità (basti vedere anche l’home page del suo blog con varie “Francesca” come linea di presentazione per rendersene conto) trovando sempre radici, punti fermi in un sistema valoriale tipico italiano: la famiglia, il luogo d’origine, la cultura della cucina e dei sapori, l’essere mamma. Tutti questi ingredienti poi, presi dal passato e pulsanti nel presente, piombano nel convergente e sfumano, emozionano anche attraverso un selfie, una foto sulla pagina facebook, divenendo manifesti simbolici del privato della Barra, quest’ultimo continuamente in gioco con il pubblico.
cineFRAMMENTI ha avuto il piacere di intervistarla puntando molto sulle immagini in movimento, sul rapporto della giornalista e scrittrice con il cinema e con i nuovi media. Quello che abbiamo subito apprezzato è stata la disponibilità al confronto della Barra e la sua grande sete di racconto, quasi che questo incedere sia sempre la base per instaurare un rapporto con il contesto, con il prossimo.
Qual è il tuo rapporto con il cinema, nonostante i tanti impegni riesci ad andare in sala qualche volta?
Sono appassionata di cinema fin da piccolina. Scrivo sceneggiature, mi intriga molto il lavoro che c’è dietro la produzione di un film. E naturalmente vado spesso. Soprattutto il pomeriggio, da sola. Riesco all’ultimo momento a entrare in una sala.
La tua classifica, motivata, delle tre attrici più affascinanti dagli inizi del Novecento fino ai giorni nostri.
Diciamo che non amo molto le classifiche. Lascerei fuori sicuramente qualcuna che mi emozionerà domani ancora di più. Ma Meryl Streep è in assoluto quella che mi ha fatto piangere, ridere e arrabbiare più di qualsiasi altra.
Siamo in un momento di grande sovraesposizione visiva, pieni di schermi e immagini: come cambierà secondo te la nostra società nei prossimi cinquant’anni?
Spero che senta la nostalgia delle tradizioni. Che faccia un passo in avanti, buttando sempre lo sguardo verso il passato. Che si circondi anche di un non ritmo, non tempo, fatto di ricordi e conoscenza delle orme lasciate. Ho visto troppi giovani bombardarsi di presente e di notizie contenute in 140 caratteri, che hanno perso la voglia di leggere un libro seduti, senza consultare il cellulare, senza comunicarlo a tutti. Troppi che non impugnano più la macchina fotografica. Troppi che non ascoltano un disco, guardando l’orizzonte.
Quali sono, dal tuo punto di vista, i momenti storici in cui l’Italia è riuscita ad esportare la propria cultura all’estero?
Gli anni ’50, che hanno raccontato gli italiani, i problemi, le emozioni, la pancia della gente al cinema. Ma anche anni che hanno lasciato il segno nella moda, nella musica. Tuttavia penso che non siamo mai stati immobili. Il cibo, i ricercatori, gli artisti che sono riusciti a diventare simbolo, sono in continua espansione. La produzione migliore non si è mai fermata.
Sei molto presente sui social network; come vivi il fatto che i tuoi figli siano dei veri nativi digitali a differenza tua?
Mi spaventa. Mi spaventa che non conoscano la differenza, che non abbiano colto il passaggio da uno stato all’altro.
Il cinema italiano sembra essersi ultimamente rifugiato esclusivamente nel genere commedia, secondo te per quale motivo?
Non solo. Anzi. Lo dimostrano i tre registi in corsa a Cannes. Solo che purtroppo gli esordienti non sono sostenuti o aiutati da leggi ad hoc. E la sperimentazione non è concessa a tutti.
Un tuo pensiero sulla triade autoriale Sorrentino-Moretti-Garrone presente in Concorso a Cannes.
Sono orgogliosa, curiosa e ben rappresentata. Faccio il tifo per l’Italia e per loro. Se il nostro Paese riceve riconoscimenti, lo dobbiamo a italiani simili.
La grande possibilità offerta dalle piattaforme digitali farà scomparire la televisione generalista e il gusto “nazional-popolare”?
Siamo tutti popolari, fidati. Anche quelli travestiti da intellettuali.
La tua terra, la Basilicata, ha da sempre ispirato grandi autori. I tuoi pro e contro riguardo alla nomina di Matera capitale della cultura per il 2019.
Non esistono contro. Se non i trasporti per arrivarci. I pro sono che è la terra più bella al mondo. Selvatica, onesta, bellissima. Con gusti e tradizioni da riscoprire. Per troppi anni tenuta nell’ombra, immeritatamente.
I tuoi progetti futuri?
Il mio libro in libreria dal 30 aprile, edito da Garzanti: “Verrà il vento e ti parlerà di me”. Promuoverlo in giro per l’Italia. Sperando di far conoscere la mia terra ancor di più.