Al principio sicuramente si emozioneranno i nostalgici; lentamente, con il rimbalzo delle immagini di repertorio, anche i più giovani ritroveranno guizzi o racconti di gesta vissute, di gioie o delusioni sportive metabolizzate con lo scorrere del tempo. Poi, ad un tratto, il tema della riflessione e quell’uomo grande, grosso, enorme che va a governare ed occupare il quadro con bastone e carota. Intorno a questa figura, invadente e lieta, ecco che vanno a disporsi i suoi “figli”, non più idoli viceversa testimoni, discepoli di una carriera sportiva ricca di cuore e pallone.
Carlo Mazzone, detto Carletto, nasce a Roma il diciannove marzo del 1937 e da piccolo lavora nell’officina del papà Edmondo. Quando può, il piccolo Carlo corre via a giocare a calcio confidandosi, una volta a casa, soprattutto con l’amata mamma Iole. La guerra sembrerebbe essere ormai un ricordo lontano quando il nostro, senza dire nulla al caro padre, esordisce in Serie A nel 1959 con la sua amata Roma. Carletto è un difensore alto, arcigno e instancabile; essendo un prospetto promettente ecco che viene girato in prestito l’anno successivo all’Ascoli “per farsi le ossa”. Da quel momento Mazzone lega per sempre il suo nome alla squadra del borgo marchigiano, iniziando lì la sua lunghissima carriera da allenatore con annesso record di 795 panchine nel massimo campionato. Dalla Roma al Bologna, dal Cagliari al Brescia, passando per il Perugia, ecco che lo spettatore diventa testimone, mediante i racconti dei giocatori e dei collaboratori del Mister, di una carriera lunghissima e carica di emozioni. La narrazione è fil rouge intimo e storico capace di suscitare versanti nostalgici e malinconici, recuperando le atmosfere di un calcio e di un mondo divenuto ricordo da custodire come i ritagli di giornale di papà Edmondo.
Il docufilm, per la regia del talentuoso Alessio Di Cosimo, si snoda su tre livelli di significazione. Un primo livello è affidato al racconto storico-sportivo della vita del protagonista, con inserti temporali e didascalie sovrimpresse alle immagini che abbassano o alzano il ritmo tensivo. Un secondo livello appartiene alla testimonianza, da qui le interviste a molti personaggi che hanno avuto la fortuna di essere stati giocatori o collaboratori di Mazzone. Su questa base fondamentali diventano i racconti di Totti, Guardiola, Signori e Baggio, che entrano ed escono dalla narrazione creando un filo diretto con lo spettatore. In ultima istanza abbiamo il dato poetico, in accordo con la colonna sonora dell’ispirato Paolo Costa, che, mediante la “ricerca” della nipote Iole sui luoghi della memoria, fa da lieto raccordo al montaggio alternato. I climax sono affidati alle gesta sportive, da qui il tre a zero della Roma inflitto alla Lazio di Zeman il 27 novembre 1994, il temporale di Perugia, il famoso 3-3 tra Brescia e Atalanta, con tripletta di Baggio, e la corsa irrefrenabile di Mazzone sotto la curva del Brescia, rea di aver profanato il ricordo più intimo dell’allenatore: la cara mamma.
Come un padre, disponibile dal 2 novembre in streaming su Amazon Prime, è il racconto sincero di un uomo mosso dalla passione, dalla voglia di migliorarsi e dall’esigenza di raggiungere la vittoria ad ogni costo, anche superando il limite, da qui la celebre frase: Io ho un fratello gemello che la domenica va in panchina. Oltre ad essere un racconto, ecco che l’opera diventa giustamente il tributo ad un allenatore molto spesso sottovalutato, capace di creare un gioco offensivo e da sempre attento ai suoi talenti in campo. Anche grazie a lui, al padre Mazzone e al suo sistema valoriale, il calcio italiano e i suoi tifosi hanno goduto degli ultimi gioielli in campo di Roberto Baggio, del talento di Francesco Totti e della bellezza delle geometrie davanti alla difesa di Andrea Pirlo. Non resta che levarsi il cappello e rendere omaggio.