Anche tu pensi che questo mondo stia impazzendo? – È evidente no? .
L’ assunto sta nel fatto che, per non rimanere soli, bisognerebbe scendere in “strada” e non aver paura di nulla; mettere da parte il proprio modo di fare e riuscire a gestirsi in un mondo dove non si vive viceversa si sopravvive. Roma è teatro in bianco e nero di una storia di ordinaria stranezza, che si conclude a un paradossale funerale dove tutto va ricomponendosi con un selfie.
Roma. Un bel giorno il protagonista, di cui non conosceremo mai il nome ma sappiamo che è un insegnante precario di filosofia alle scuole superiori, si sveglia con un fastidioso fischio nelle orecchie. Siamo a casa della ragazza e scopriamo sul frigo un post – it che “recita”: è morto il tuo amico Luigi. P.S. Mi sono presa la macchina. Da questo momento al nostro professore stressato, nell’arco di una lunga e forse troppo complessa giornata, ne accadono di tutti i colori. Il pronto soccorso che diventa teatro di gag e attese infinite, la ragazza che forse potrebbe mollarlo, il vecchio professore canuto dell’università lobotomizzato dalla playstation, la madre che passeggia disinibita per il quartiere Monti con il suo nuovo fidanzato performer. Intanto, in questa giungla ovattata e senza speranza, il ronzio non smette di infastidire e il funerale di Luigi diventerà lo strumento per tornare a una realtà più vicina e percepibile.
L’opera del regista palermitano Alessandro Aronadio, presentata in anteprima a Venezia nella sezione Biennale Collage, è un’operazione che vorrebbe decodificare il nostro presente, la comunicazione del nostro contemporaneo attraverso un personaggio mai “spensierato” sin dalla prima sequenza. Il film riesce ottimamente a innestare la tematica, facendo leva sull’affezione dello spettatore al protagonista e giocando sui luoghi e sugli spazi di una Roma svuotata della sua essenza quanto carica di riferimenti simbolici. L’autobus alienante, le strade affollate di persone che non si parlano diventano surrogati del malessere del protagonista, quest’ultimo in continua apprensione. Alla tematica ben presentata tuttavia non corrisponde, nonostante la buona recitazione, una reale presa di coscienza finale, dove il tutto si ricompone con troppa semplicità e velocità.
Il problema forse sta nell’aver caricato di molti pregi ideali questo giovane professore, averlo catapultato in un mondo leggero e sistemico che si ciba di sottocultura, salvo poi “narcotizzarlo” nel finale attraverso i buoni sentimenti. Avremmo apprezzato, viste le premesse, un eroe più coraggioso, più determinato a portare avanti la sua “battaglia” anche a costo di perdere qualche pezzo di cuore per strada.