Gli eroi sono potenziali musicisti, giovanissimi, che provengono da tutto il mondo e sin dall’inizio presentano orgogliosi la loro mission: essere artisti. Per raggiungere tale obiettivo sono stati immersi in uno spazio urbano, quello di New York, e hanno accettato di testimoniare la loro sensibilità e visione tenendo bene a mente che, in caso di successo, dovranno ringraziare, non solo il loro talento, ma anche quello sponsor che troneggia in campo dall’inizio fino alla fine.
Da quindici anni il Red Bull Music Award porta avanti un progetto di formazione per giovani talenti votati alla musica e, per celebrare il percorso fatto, ha ingaggiato il regista Ralf Schmerberg per un lungometraggio che ci racconta l’attività della scuola. Tra studi di registrazione, concerti in enormi discoteche affollate, melodie continue, ecco che scopriamo, in rigoroso p.p., le sensazioni e le emozioni dei ragazzi che ci confessano il loro punto di vista sulla musica. A innervare ed elevare il discorso ci pensano poi coloro che artisti lo sono già, come Brian Eno, Giorgio Moroder, Ken Scott, Stephen O’Malley e tanti altri, che profetano sulla musica entrando tuttavia anche in riflessioni sul senso della vita.
L’operazione da marketing è gestita bene, entriamo immediatamente in medias res con una voce fuori campo femminile che, mentre i grattacieli di New York aprono alla giostra visuale, inizia a colloquiare con i futuri artisti. Dal suono di una voce ad una sagoma davanti all’obiettivo il passo è breve, ed ecco che Schmerberg si muove in questa scuola alternando macchina fissa a macchina a mano, quest’ultima nevrotizzante al massimo la messinscena mentre i giovani, forti e fiduciosi, raccontano della loro arte, dei loro sogni, delle loro paure. I grandi artisti ciclicamente pungolano il discorso in un’atmosfera che ricorda alcuni strappi di Spike Lee e dei suoi personaggi. La musica, ovviamente, non molla mai la diegesi, sia che si tratti delle creazioni dei ragazzi sia che ci troviamo catapultati in una serata organizzata ad hoc per dopare l’atmosfera.
Ne viene fuori un racconto gradevole, a tesi, in cui veniamo lietamente colpiti dal linguaggio clipparolo utilizzato dal regista. I vari giovani ci incuriosiscono in alcuni passaggi, per la loro eccentricità più che altro, e se dovessimo riflettere sul loro futuro avremmo qualche difficoltà. Resta una superficie di grande qualità e la presentazione di una scuola che continuerò a pulsare nei prossimi anni in giro per il mondo. Prossima tappa: Tokyo 2014.